Sabato, 7 Novembre 2009 NazionaliBersani proclamato segretario nazionale del Partito DemocraticoLa presidenza del Partito è andata a Rosy BindiROMA - Poco prima delle 11:30 l'Assemblea nazionale del Pd ha proclamato Pier Luigi Bersani segretario del partito. L'annuncio è stato salutato da lungo applauso. "Costruire il partito preparare l'alternativa: sono compiti che richiedono un lavoro importante - ha detto Bersani dalla tribuna dell'Assemblea alla Nuova Fiera di Roma - per durata e per profondità. E' inutile cercare scorciatoie o immaginare strade senza inciampi".
"Certo le defezioni non fanno mai piacere, sopratutto quando avvengono in forme un po' singolari. Sento dire qualcuno che dice: 'il Pd cosi' lascia un fronte scoperto'. No, non abbiamo fronti scoperti, abbiamo una ricchezza di culture per tutta l'area del centrosinistra". Così, nell'intervento di replica all'assemblea, il neosegretario Pier Luigi Bersani ha commentato l'addio al partito di esponenti, come Francesco Rutelli. Rosy Bindi è stata eletta presidente del Partito Democratico dall'assemblea dei mille delegati riunita alla Fiera di Roma. Marina Sereni ed Ivan Scalfarotto sono stati eletti vicepresidenti del Partito Democratico su proposta del neopresidente Rosy Bindi. Enrico Letta eletto vicesegretario. Nessuna nostalgia ma "una sfida nuova per costruire il partito e preparare l'alternativa" al governo Berlusconi. E' la missione che Pier Luigi Bersani, davanti all'assemblea del Pd che lo proclama segretario, indica per i prossimi anni, chiedendo a tutti una "corresponsabilità " e un impegno comune e sfidando maggioranza e governo ad un confronto vero sulle riforme, giustizia inclusa, a condizione che non ci siano ipoteche. "Per l'alternativa" è lo slogan che campeggia nel padiglione 13 della Nuova Fiera di Roma, che ospita i mille delegati. Bersani prende la parola per primo, subito dopo la proclamazione, e, in una relazione di 21 pagine, traccia la rotta del suo Pd. Non ci sono "scorciatoie", avverte subito il leader, ad un lavoro duro e lungo per radicare il partito "correggendo" la costruzione fatta fin qui e al tempo stesso per prepararsi, con proposte e alleanze "larghe", a tornare al governo del paese. E, dal suo ruolo di opposizione, "in Parlamento e con trasparenza" ma rifiutando il populismo, il Pd é pronto a discutere di riforme con la maggioranza "a partire dal lavoro" e dalle riforme istituzionali. "Ci chiamiamo Democratici - ha spiegato - perché poniamo al Paese il problema di una democrazia efficiente. Ci chiamiamo riformisti perché vogliamo le riforme". Il leader è certo che per centrale per dare forza al progetto è rafforzarne la costruzione, che non vuol dire organigrammi, ma creare un partito "popolare". Una sfida dalla quale nessuno può sottrarsi. "Nessuna nostalgia - assicura rivolto anche a chi, come Francesco Rutelli e Massimo Calearo, ha lasciato la barca - deve imprigionarci o trattenerci; dobbiamo sentire invece la responsabilità del nuovo da costruire. Saremo un partito che si rivolgerà a tutta l'area del centrosinistra, senza trattini o distinzione di ruoli e senza pretese di esclusività e con la legittima ambizione di crescere e di farci più forti". |