Sabato, 24 Agosto 2024 Abruzzo

Per i tecnici siamo a quota 220 milioni, per i D.G. a quota 107 milioni

L'assessore Verì ammette che se supera gli 80 milioni siamo a rischio commissario

Tempi di ferie, ristrette per le liti nel centrodestra, in particolare in FdI, azionista di maggioranza della coalizione di governo, per gli inquilini di palazzo dell’Emiciclo, che sono costretti a tornare a lavorare in anticipo rispetto ai colleghi di altre regioni italiane per il rinvio al 27 agosto della seduta del consiglio regionale dell’8 agosto che non ha approvato l’assestamento di bilancio. Con il summit dello sconquassato centrodestra per trovare una difficile quadra fissato per il 26 agosto.

Ma anche sotto l’ombrellone i nervi sono a dir poco tesi, e nere nubi si addensano, rappresentate dalla sfida della riduzione drastica e in pochi mesi, del debito sanitario relativo al 2024, esploso anche in Abruzzo, come in altri territori della nazione nel consuntivo relativo al 2023.

A testimoniare una certa confusione, anche il balletto di cifre, molto distanti tra di loro tra i protagonisti più importanti del comparto, sull’effettiva entità del deficit che potrebbe verificarsi a fine anno, dopo i 122 milioni macinati nel 2023, e che hanno già obbligato il centrodestra del riconfermato presidente di Fratelli d’Italia, Marco Marsilio ad una non facile manovra di rientro il cui iter è stato completato a tempo di record per evitare un nuovo catastrofico commissariamento (la Regione ne è uscita nel 2017 dopo oltre dieci anni) subito dopo le elezioni del 10 marzo scorso quando il centrodestra ha ottenuto una storica conferma.

L’unica verità è che in questo momento di grande incertezza, in Abruzzo, anche senza l’intervento di Roma, c’è il serio rischio di un aumento forzoso delle tasse, addirittura c’è chi parla de ricorso ad una tassa di scopo. In un comparto che assorbe circa il 90 per cento del bilancio regionale e che già nel corso del primo mandato del centrodestra ha creato numerosi grattacapi a Marsilio e soci, vedi le continue polemiche per le liste di attesa (alle quale indaga la Procura di Pescara), la cadenza di personale e persino una diffusa carenza di medicine e servizi, una situazione che ha portato la mobilità a superare i livelli di guardia.

Entrando nel merito, ecco le versioni sul terreno.

Per i quattro direttori generali delle Asl, si arriverà a 107 milioni di euro con la piena applicazione dei quattro piani di risanamento da loro presentati, e a 178 milioni se non si farà nulla.

Nel dipartimento Sanità, diretto da Claudio D’Amario, uno dei massimi esperti in materia sanitaria che può l’Abruzzo vantare, c’è però addirittura chi pronostica un passivo di circa 220 milioni, una cifra da bancarotta: in questa situazione cresce il nervosismo per l’inerzia nell’azione di razionalizzazione da parte delle quattro Asl, tenuto conto che lo si sapeva da dicembre che i conti erano messi molto male, ma tutto è stato tenuto nascosto in vista del voto, durante la campagna elettorale.

Però con l’intervento bipartisan del consiglio regionale, per il centrodestra l’asse Paolo Gatti, consigliere regionale di FdI e presidente della commissione Sanità, e Lorenzo Sospiri, forzista riconfermato alla presidenza del consiglio regionale, in accordo con le opposizioni sono stati commissariati i manager delle quattro aziende sanitarie con l’approvazione nell’ambito della seduta in cui è stato ripianato il debito di 122 milioni un emendamento che obbliga i vertici Asl a presentare all’Assemblea i piani di rientro.

L’assessore alla salute, Nicoletta Verì, ex Lega passata poi alla lista del Presidente e nonostante la mancata elezione alle regionali riconfermata come tecnico esterno alla guida del settore Sanità, da parte sua ha rispedito al mittente i quattro piani di riduzione del deficit, chiedendo un ulteriore sforzo di 30 milioni di tagli di spesa, per far sì che il debito non superi la soglia critica degli 80 milioni, oltre cui l’Abruzzo potrebbe ripiombare nel commissariamento governativo, da cui è uscito dopo anni di politiche della lesina nel 2016.

E questo significherebbe che il commissario ad acta governativo, lo stesso presidente Marsilio, potrebbe essere obbligato ad aumentare le tasse regionali al massimo delle aliquote, ed anche con l’introduzione di una tassa di scopo, il che sarebbe per il centrodestra una Caporetto politica.

Anche per questa ragione come già rivelato da Abruzzoweb, Marsilio vuole la istituzione di una Struttura tecnica di missione, alle sue strette dipendenze, affidata ad un titolare di fiducia (si parla della ex segretario di Giunta e neo assunta come dirigente amministrativo della Asl dell’Aquila, l’avvocato Daniela Valenza), parificato ad un direttore regionale, per avere ampi margini di autonomia nei confronti del Dipartimento e del Consiglio regionale, che a sua volta ha preteso una voce in capitolo, imponendo il parere obbligatorio delle commissioni Sanità e Bilancio. Tutto ciò perché evidentemente Marsilio non si fida più dei quattro dg, pure se nominati dallo stesso governatore, di stretta osservanza politica: Ferdinando Romano, nella Asl aquilana, prorogato, alla scadenza del mandato a giugno, di un anno paradossalmente proprio per portare a termine il risanamento di un’azienda maglia nera tra le quattro abruzzesi con un buco di 46 milioni di euro, e i riconfermati, nell’estate 2023, Maurizio Di Giosia, nella Asl di Teramo, Thomas Schael, della Asl provinciale chietina, il neo direttore, anche lui dall’estate scorsa, Vero Michitelli, nella Asl di Pescara.

Molte però sono le resistenze dentro la maggioranza davanti all’ipotesi della struttura tecnica di missione così accentratrice dei poteri, e una prima bozza di delibera è arrivata in giunta da settimane ma poi rimessa non a caso nel cassetto per ben due volte per le resistenze, in particolare, della Lega.

Nei piani presentati a giugno e rispediti a mittente, la Asl provinciale aquilana ha dichiarato di dover risparmiare quasi 39 milioni di euro per contenere il disavanzo di fine anno a 26,8 milioni, la Asl provinciale di Chieti ha varato un piano di rientro da 20,3 milioni di euro, in modo tale da contenere i danni a 34,5 milioni. La manovra correttiva della  Asl provinciale di Teramo ammonta invece a 20,1 milioni, per contenere il deficit a 32,8 milioni. La Asl di Teramo intende risparmiare entro l’anno 5 milioni di euro, per contenere a fine 2024 il deficit a “solo” 12,8 milioni di euro,

Insomma le Asl dovranno tagliare e razionalizzare in pochi mesi i costi per 84,1 milioni di euro, per contenere il deficit complessivo a “soli” 107 milioni di euro circa. Questo dopo che nel 2023 salasso superiore ai 122 milioni registrati nel 2023, con  la Asl di Teramo a meno 7,7 milioni,  la Asl aquilana a meno 46,1 milioni, la Asl chietina a meno 41,9 milioni e la Asl di Pescara a meno 26,6 milioni di euro.

Troppo poco quello che e previsto nei quattro piani, ha però detto nei tavoli l’assessore Verì.

Occorre tagliare non meno di altri 27 milioni di euro, per scendere sotto la soglia critica di 80 milioni, oltre cui l’ipotesi commissariamento si potrebbe fare concreta, e potrebbe non bastare il fatto che la premier Giorgia Meloni, leader di Fdi, vedrebbe con il fumo negli occhi una ipotesi che avrebbe conseguenze politiche negative nella regione dove a settembre 2022 è stata eletta deputata, governata dall’amico di sempre Marco Marsilio, e roccaforte del suo partito. Gli alti burocrati del Ministero sono tenuti infatti a ragionare e decidere in base alle leggi e ai numeri, più che sulle convenienze politiche. E nei mesi scorsi non è stato facile convincere il tavolo di monitoraggio sulla bontà del piano di risanamento per il buco del 2023.

Non esistono documenti ufficiali e pubblici da cui evincere le prescrizioni di dettaglio impartite ai quattro dg, per modificare i loro piani, ma da quanto si apprende, l’indicazione è quella di risparmiare ancor di più sull’acquisto di beni e servizi, e sulla spesa farmaceutica.

Dove ci sono ancora margini per economie, e che rappresentano il vero bubbone che è esploso, facendo saltare i conti, non solo delle Asl abruzzesi, soprattutto dopo il covid, a causa del conflitto ucraino, con un aumento medio del 15% dei costi delle forniture, di tutti i generi, dai farmaci per arrivare alle garze passando per le bollette energetiche.

Quello che però non va toccato in nessun modo, ha ordinato la Regione, è il personale, già carente. Anche perché un taglio degli addetti, oltre a rendere ancora meno efficiente il servizio e le prestazioni, determinerebbe una riduzione della produttività, ovvero di tutte le attività di laboratorio e di ricovero, incidendo sulle entrate economiche delle Asl e sulla quota spettante di finanziamenti pubblici. Sarebbe insomma un gatto che si morde la coda.

C’è poi un altro tema che crea irritazioni in particolare nel dipartimento sanità, a proposito dell’operato dei direttori generali: l’applicazione concreta del riordino della rete ospedaliera, approvato a dicembre, presentato come una svolta epocale, su progetto dell’Agenzia regionale sanitaria, di cui è direttore l’ex primario dell’ospedale aquilano, Pierluigi Cosenza.

Nel dipartimento ci si lamenta il ritardo dell’invio degli atti aziendali per calare a terra e concretizzare quanto previsto soprattutto per quello che riguarda piccoli ospedali, fatti salvi dalla riorganizzazione, visto le fortissime resistenze territoriali che il centrodestra ha deciso di bypassare, ma a patto che cambino vocazione, si specializzino in determinate tipologie di prestazione, in una logica di filiera, aspetto anche questo importante anche in termini di risparmi economici. E questo lo devono fare però, essendo la nuova rete vigente, i direttori generali, e anche alla svelta.

La nuova rete, lo ricordiamo, prevede quattro ospedali, quelli di L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo, ovvero le città capoluogo,  con funzioni hub per le reti tempo dipendenti (rete stroke, politrauma, trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese), quattro ospedali di primo livello, che sono Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, sei ospedali di base, a Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero, due presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso, a Castel di Sangro e Atessa.

E al ritorno dalla ferie, uno dei temi, visto il bubbone della sanità, sarà quello proprio dei piccoli ospedali. Il tabù lo ha rotto Paolo Gatti, presidente della commissione regionale Sanità, ex assessore regionale di Fi, tornato in consiglio a marzo con quasi 11mila preferenze, il secondo più votato in assoluto. In un’intervista ad Abruzzoweb di giugno ha detto chiaro e tondo: “non si può raccontare che è possibile avere una sanità fantastica e questo non costi nulla. Sicuramente si possono fare dei risparmi, incidere su quello che può essere ritenuto superfluo. Ma va detto con chiarezza: vogliamo tal quali, così come li abbiamo avuti, ad esempio, sei presidi in provincia dell’Aquila, quindi a L’Aquila, a Sulmona, ad Avezzano, a Tagliacozzo, a Pescina e a Castel di Sangro, vogliamo reparti che fanno le stesse identiche cose, e reparti in cui nascono solo 48 bambini l’anno? Vogliamo questo? Se sì, tutti d’accordo, però poi nessuno deve ululare sul fatto che si determina un disavanzo nella spesa sanitaria”.

Una posizione opposta a quella di buona parte del centrodestra,  ovvero quella della difesa dei piccoli presidi ospedalieri, specie quelli dei rispettivi territori e collegi elettorali.

Insomma, la sanità vera spina in questi primi cinque mesi della 12esima legislatura, potrebbe diventare far implodere il centrodestra.