Martedì, 24 Aprile 2012 L'avvocato informaAnatocismo...L’affascinante saga sull’anatocismo continuaa cura dell'Avv. Sergio Lapenna - Foro di Vasto
Per la quarta volta – e il dato è allarmante – gli organi giudiziari più autorevoli del nostro paese – la prima volta è stata la corte di cassazione a sezioni unite, la seconda volta la corte costituzionale, la terza volta ancora la corte di cassazione a sezioni unite e la quarta volta ancora la corte costituzionale – hanno dovuto chiarire ciò che era più che chiaro in materia (e cioè che gli interessi sugli interessi, quando capitalizzati senza legittimazione, rappresentano una pratica illegittima ed usuraria praticata dalle banche), semplicemente perché l’azione di governo – a prescindere dal colore politico di turno – ha, di volta in volta, pronuncia dei giudici dopo pronuncia dei giudici, prontamente reagito con esiziali decreti di favore del sistema bancario. Per chiarire meglio i termini dell’epopea, forniamo un po’ di dati storici. Nel 1999, la corte di cassazione disse no all’uso della banche di addebitare sui conti in rosso dei propri clienti interessi passivi ogni tre mesi perché non era scritto da nessuna parte se non nelle clausole contrattuali imposte dalle stesse banche al momento dell’apertura dei conti. Prontamente, il governo Prodi emise un decreto ad hoc (neppure si attese il plirigettonato milleproroghe) per introdurre una norma di legge che stabilisse la possibilità di capitalizzare gli interessi passivi trimestralmente e nel contempo di sanare ciò che le banche avevano sino ad allora fatto senza copertura di legge. Tale decreto, nella parte che sanava gli illeciti perpetrati dalle banche sino alla sua entrata in vigore, venne prontamente bocciato dalla corte costituzionale. Nel frattempo intervenivano le sezioni unite della cassazione che chiarirono definitivamente – almeno così allora venne fatto di prestar fede – la questione dell’inammissibilità della capitalizzazione degli interessi passivi ogni tre mesi. Non passò molto tempo che alcune sacche di giudici di merito, non troppo entusiasti di seguire l’indirizzo delle sezioni unite della cassazione, tentarono di adottare una interpretazione che, diciamo così, azzerava tutto quanto sino ad allora era stato fatto per garantire il correntista usurato dalle banche. La trovata aveva a che fare con la prescrizione: si disse, infatti, che siccome era passato troppo tempo il correntista non poteva più richiedere indietro il maltolto. Di fronte a questa sfacciata interpretazione della normativa, che confliggeva apertamente con i principi più elementari del diritto civile, dovettero intervenire nuovamente le sezioni unite della cassazione – siamo del 2010, quando in Italia regnava goliardico l’uomo che ride - per chiarire e ribadire l’ovvio e cioè che l’anatocismo era illegittimo e che il termine decennale di prescrizione decorreva solo dall’eventuale chiusura del conto corrente perché inerente ad un contratto di durata. Per far un esempio: se il conto corrente è stato aperto del 1975 ed è stato chiuso nel 2005, la prescrizione avverrà (in quanto iniziata solo dal 2005) nel 2015 e, quindi, fino a questa data il correntista potrà comodamente richiedere alla sua banca tutto il maltolto sin, nell’esempio fatto, dal 1975. Questo ovvio chiarimento delle norme più elementari del diritto civile, non piacque all’uomo che ride – reggente di turno del sempre più velleitario governo nazionale – il quale, colpo di scena, pochi giorni dopo la pronuncia delle sezioni unite della cassazione, con un consueto decreto di favore (questa volta era il ben collaudato milleproroghe), smentì apertamente quanto appena statuito dall’organo più alto della magistratura italiana. Il nuovo decreto, molto francamente e senza ritegno alcuno espressamente sanciva la decorrenza della prescrizione non dalla chiusura del conto ma da ogni singola operazione. Un vero braccio di ferro. Si è dovuto attendere il marzo 2012 perche la Consulta, occupandosi nuovamente della questione, dicesse ciò che anche un bimbo di due anni poteva enunciare: e cioè che anche quell’ennesimo decreto salvabanche era un decreto anticostituzionale, perché adottato in violazione di garanzie costituzionali. Ma nel frattempo per quasi due anni ha impedito che venissero intraprese o concluse azioni importantissime contro le banche per recuperare il maltolto. Allo stato attuale dell’arte quindi, vale quanto segue: chiunque ha avuto conti in rosso fino al 1999 su conti correnti, ad oggi, ancora in corso o. comunque, anche se chiusi, non più di 9 anni or sono, ha diritto a richiedere tutti gli interessi anatocistici addebitati dalle banche sugli scoperti di conto, a partire dall’apertura del conto, anche se questa è molto remota nel tempo, ad esempio risalente agli anni settanta o, meglio, sessanta. L’unico limite si incontra se il conto è stato già chiuso e dalla chiusura ad oggi sia decorso il termine prescrizionale di dieci anni. Per ulteriori informazioni: 3477139375 |