Sabato, 23 Settembre 2006 NotizieVasto: presentato un dossier sui Porti e PorticcioliE' stato elaborato dall'Associazione Civica "Porta Nuova"Questa mattina i rappresentanti dell'Associazione Civica "Porta Nuova" hanno presentato allacittà una loro ricerca meticolosa (come sempre) sui porti e porticcioli lungo la costa adriatica. Questo il testo integrale.
"1.Porti e porticcioli.
"Negli ultimi quattro anni" scriveva Legambiente nel 2001 "sono stati realizzati nel nostro Paese 36 nuovi porti turistici contro i 44 costruiti nei cinquant'anni precedenti. Sono 35 i progetti (per un totale di 17mila posti barca) che hanno già ottenuto l'autorizzazione, mentre altre 50 richieste (al-tri 20mila posti barca) attendono il sì definitivo dalle Conferenze di servizi. Il tutto si andrà a som-mare ai 110mila posti barca già esistenti." Un recentissimo rapporto (Giugno 2006) firmato da Censis e Federmare dichiara, per gli anni dal 2000 al 2004, "una crescita dei posti barca passati da 110.885 a 128.042, con un incremento di 17.000 unità in valore assoluto, pari a circa il 15%". A cinque anni di distanza le previsioni di Legambiente si sono dunque realizzate. In questa corsa la costa abruzzese non poteva certo restare indietro. Già nel 2000 ancora Legambiente aveva defini-to "un vero e proprio risultato da guinnes dei primati" il dato relativo alla frequenza dei porti sul litorale abruzzese: "un porto ogni 13 chilometri di costa". Da allora la cementificazione è ulterior-mente progredita.
2. Dal Pescara al Trigno.
Limitiamo -per ragioni di economia- la nostra disamina al solo tratto di costa dal Pescara al Trigno (che peraltro è anche della costa abruzzese quello relativamente meno urbanizzato): in circa 70 chi-lometri si trovano attualmente in funzione -considerando soltanto gli impianti ad uso della nautica da diporto- 4 porti maggiori (porto canale di Pescara, marina di Pescara, marina di Ortona, porto tu-ristico di Fossacesia), per un totale di 2431 posti barca . 2431 diviso 70 fa 34,72: circa 35 posti bar-ca al chilometro. Una capienza molto al di sopra della media italiana, che è di 14,5 posti barca per chilometro . Ma a metà strada tra i 37 posti barca per chilometro della costa emiliano-romagnola e quelli presenti sulla costa marchigiana, che per chilometro sono 32,6. Numeri grosso modo simili; ma diversa -e quanto!- l'affluenza turistica. Nell'estate del 2004, ad esempio, la riviera emiliano-romagnola ha superato i 39 milioni di presenze; la costa marchigiana gli 11milioni e mezzo; la costa abruzzese 3milioni 351mila . Per dare un'idea, è una cifra eguagliata dalle presenze negli alberghi nella sola Rimini nel solo mese di Luglio dello stesso anno .
I nostri amministratori ritengono però evidentemente che i posti barca non siano abbastanza. Sono in corso i lavori di costruzione di due altri porti turistici, entrambi a ridosso della foce del Trigno: il porto turistico di S. Salvo (238 posti barca appena a Nord della foce); e quello di Montenero (400 posti barca appena a Sud), in territorio molisano. Ultimati questi, la ricettività turistica portuale sfio-rerà -nel tratto di costa dal Pescara al Trigno- i 44 posti barca per chilometro.
Ma forse non bastano ancora. I giornali hanno parlato di recente dei progetti di costruzione -promossi dalle rispettive amministrazioni comunali- di altri tre porti turistici: a Francavilla (162 po-sti barca), a S. Vito (500), infine a Vasto (280). Se tutti questi progetti dovessero essere realizzati arriveremo, nel solo tratto compreso tra il Pescara e il Trigno, ad una capacità ricettiva (contando solo i porti maggiori) di 4011 posti barca, con una media di oltre 57 posti barca per chilometro.
Aggiungiamo, per buona misura, i progetti per la realizzazione dei porti turistici di Rocca S. Gio-vanni e Casalbordino (perché loro no?): e avremo che, degli 11 comuni sulla costa dal Pescara al Trigno, 10 hanno un porto turistico già realizzato, o in costruzione, o in progettazione (fa eccezione Torino di Sangro). Se questo non è un primato, certo ci si avvicina.
3. Porti ed erosione costiera.
Uno studio del CNR presentato nel Giugno scorso afferma che "in tutte le regioni [italiane] l'erosione trova le sue cause principali nel deficit sedimentario dovuto alla costruzione di sbarra-menti che impediscono l'afflusso al mare, nel dragaggio di sabbia e ghiaia dagli alvei fluviali, e nella costruzione di porti e strutture aggettanti che bloccano il flusso sedimentario lungo la riva" . La costruzione di sempre nuovi impianti portuali insomma non è l'unico, ma certo è uno dei mag-giori fattori di erosione costiera. Un altro documento, questa volta della Commissione Europea de-finisce alto (high) l'impatto erosivo delle infrastrutture portuali. E aggiunge che "fatta eccezione per le autorità portuali, i mutamenti geo-morfologici lungo le coste non ricevono l'attenzione che meriterebbero da parte dei promotori dei progetti suscettibili di avere un impatto ".
Non sorprenderà allora forse che -sempre secondo lo studio del CNR appena citato- a fronte di una media del "42% delle spiagge italiane in erosione", la costa abruzzese sia al 61%, tra le 15 regioni italiane che hanno sbocco al mare al 4° posto .
4. Uso intensivo della costa e difesa costiera.
Lo stato precario del litorale abruzzese non è una scoperta di ieri. Senza andare troppo lontano, ba-sterà ricordare che già nel Gennaio 1998 uno studio ufficiale della Regione Abruzzo (nell'ambito del programma europeo Life 1997 - Progetto R.I.C.A.MA.) definiva "abbastanza preoccupante " lo stato del litorale. "L'intero tratto di costa abruzzese", vi si legge, "è in marcata erosione, accen-tuata localmente da un ridotto apporto solido dei fiumi e soprattutto da una gestione della fascia litoranea improntata più al suo utilizzo intensivo che non alla sua conservazione".
E' importante rilevare che, a quell'epoca, la costa abruzzese risultava già per 87 km su 125 (il 70%) difesa da strutture rigide . Torniamo al documento del CNR: "Il quadro delle nostre coste è allar-mante in quanto la gran parte dei tratti che non risultano in erosione deve la propria stabilità a massicce opere di difesa, che modificano l'ambiente e il paesaggio costiero, rendono più difficile l'uso balneare della spiaggia e inducono spesso l'erosione nei tratti di costa adiacenti. Ne è un e-sempio la breve costa molisana: dei suoi 36 km, ben 25 sono difesi da scogliere; nonostante ciò su 22 km di spiagge 20 km sono in erosione (91%)". Ancora più esplicito è uno studio della Regione Abruzzo: "A partire dagli anni cinquanta l'unica metodologia di «difesa» dall'arretramento della linea di riva adottata in Abruzzo e in gran parte delle coste italiane è consistita nell'utilizzo di ope-re di difesa pura (principalmente difese radenti e difese parallele emergenti) delle infrastrutture poste a rischio dall'erosione. Questi interventi di difesa hanno causato l'innesco di una sorta di re-azione a catena determinando, in un arco di tempo di circa trenta anni, la necessità di proteggere, con opere di difesa di tipo rigido, decine di chilometri di litorale. "
Le opere di difesa rigide realizzate sono divenute insomma, nel tempo, una parte integrante del pro-blema che avrebbero dovuto risolvere. Ciò non toglie tuttavia che esse, a giudizio della Regione, debbano essere a tutt'oggi ulteriormente incrementate: ne va dell'utilizzo intensivo della costa di cui sopra.
Così nel Giugno 2002 lo studio di fattibilità appena citato (finanziato dalla Regione Abruzzo con fondi CIPE) stimava necessaria "per opere ed interventi di ripascimento morbido, mediante versa-menti di sabbie e di difesa rigida per il contenimento dell'erosione costiera" una somma comples-siva "di ? 97.000.000,00 netti" "che, comprensivi di spese generali, IVA e rivalutazione, in conse-guenza dell'aumento dei prezzi [.] e del fatto che, nel tempo trascorso dall'anno 2000 ad oggi , le opere e gli oneri di manutenzione e di ripascimento con sabbie sono aumentate a causa del manca-to intervento previsto" secondo una recente delibera del Consiglio Regionale "sono ad oggi sti-mabili in circa ? 150.000.000,00" (centocinquanta milioni) . Frattanto alcuni lavori (che interessa-no la costa dei comuni di Roseto, Montesilvano, Martinsicuro, Silvi-Pineto, Pescara Sud- Francavil-la, Ortona, Fossacesia, Casalbordino, Vasto), per un importo di 34milioni di euro, sono già stati fi-nanziati . Alcuni di essi, per un valore complessivo di ? 14.400.000, sono già in esecuzione.
5. La politica regionale di gestione del litorale.
"A causa di una limitata cultura «gestionale» nel campo marittimo-costiero [.] di fatto è mancata una azione preventiva e di analisi complessiva della fascia costiera che consentisse di armonizzare gli interventi di difesa dall'erosione costiera nell'ambito di una linea generale di azione che [.] si ponesse il problema di consentire uno sviluppo compatibile ne lungo periodo" Sono parole di Paolo De Girolamo, docente di Ingegneria Marittima e Costiera presso la facoltà di Ingegneria dell'Università dell'Aquila e consulente della Regione Abruzzo . Risalgono a Giugno del 2002, ma a tutt'oggi non hanno perso in nulla il loro valore. A tutt'oggi la Regione Abruzzo non dispone (se si eccettua il Piano del Demanio Marittimo, che disciplina però le sole attività connesse alla balnea-zione) di una legge organica di difesa razionale del litorale e della costa . E' una situazione che ap-pare per molti aspetti paradossale, se si pensa all'annoso e (abbiamo visto) costoso impegno che la Regione ha dimostrato nel produrre interventi efficaci forse localmente nel breve, ma inefficaci cer-tamente -e anzi, nel caso della difesa rigida, dannosi- per l'insieme nel lungo. L'esatto contrario della politica di gestione raccomandata dalla UE .
In questa situazione, è normale che finiscano un po' dovunque per prevalere le spinte localistiche; e spesso a spese dello Stato. E' il caso, l'abbiamo visto, della programmata costruzione dei cosiddetti porti turistici (o porticcioli, come vengono talvolta vezzosamente chiamati). Un caso particolarmen-te significativo pare essere quello del porto turistico di Vasto.
6. Il porto turistico di Vasto.
6.1. Il progetto. Preceduto ben due distinti progetti per la realizzazione di infrastrutture portuali -uno di raddoppio del porto esistente, l'altro di costruzione di un porto turistico separato e distinto- entrambi risalenti agli anni novanta, ed entrambi per diverse ragioni non realizzati , il nuovo pro-getto per la costruzione del porto turistico di Vasto è stato presentato alla stampa lo scorso 12 Apri-le (in apertura di campagna elettorale) congiuntamente dall'attuale sindaco di Vasto (e allora candi-dato), Luciano Lapenna (DS), e dal presidente del COASIV (Consorzio per l'area di sviluppo indu-striale del Vastese), Fabio Giangiacomo (DS). Rispetto ai primi due esso appare come un accorpa-mento e una sintesi, nell'ambito di una vasta iniziativa progettuale per la redazione del nuovo Piano Regolatore portuale. Vi si prevede il raddoppio -all'incirca- del bacino portuale già esistente, e con-temporaneamente, in una metà della nuovo bacino così realizzato, la costruzione di un porto turisti-co -come s'è detto- da 280 posti barca; l'altra metà sarebbe riservata ai pescherecci. Il tutto median-te la costruzione di un nuovo molo che si inoltra in mare aperto, in direzione Nord-Est, per oltre 400 metri; nonché il prolungamento, con un arco di lunghezza pari a 470 metri della diga foranea . Il progetto prevede anche la realizzazione di opere a terra: "una club house, una scuola vela, uno sci-volo per i velisti" .
6.2. I costi. Del progetto iniziale, di iniziativa privata, era titolare una società cooperativa locale ("Porto turistico Circolo Nautico Vasto") appositamente costituita, la quale invano, dal 1997, ave-va tentato di ottenere dalla Pubblica Amministrazione le necessarie sovvenzioni. Per effetto della proposta di Lapenna e Giangiacomo, di esse non vi sarà più bisogno, giacché il nuovo progetto at-tribuisce direttamente al pubblico i costi della realizzazione. A carico della cooperativa resterebbero solo i costi di costruzione della club house, della scuola di vela e delle zone di intrattenimento. "Bi-sogna creare una società mista, a capitale pubblico-privato [ma a gestione privata, NdR ] e poi guardare con fiducia alle possibilità concesse da Italia Navigando , la società che valuta i progetti e li ammette a finanziamento, con il concorso di Regione, Comune e Consorzi", ha dichiarato La-penna .
"I DS vogliono ascoltare anche l'opinione della città "; ma "se il piano passa il progetto può par-tire senza indugi" e anzi esso "dovrebbe essere realizzato in tempi brevi".
La città (a parte l'adesione convinta del presidente della cooperativa.) sino ad ora ha taciuto. E' verosimile che ciò significhi un sostanziale accordo con l'impianto della proposta. Ma ancora più verosimile sembra che dietro l'apparente consenso vi sia una parziale o totale mancanza di informa-zioni, e ciò malgrado le ricorrenti conferenze stampa organizzate periodicamente dai promotori. Come che sia, è un fatto che, sino ad ora, delle molte questioni attinenti specificamente al progetto non si è parlato né tanto né poco. E sì che da dire ce ne sarebbe.
7. La pubblica utilità.
Due sono state -secondo le cronache giornalistiche- le motivazioni addotte sino ad ora dal futuro sindaco e dal presidente del COASIV a sostegno del loro progetto:
a) la necessità di una razionalizzazione del porto esistente, laddove "razionalizzare" sta "nel senso di separare le diverse aree: commerciale, turistica e della pesca" ;
b) l'opportunità dell'impianto ai fini della promozione turistica: il porto turistico è "una strut-tura indispensabile per una località turistica e che fa convogliare in città finanziamenti pubblici" .
Lasciamo perdere il riferimento ai finanziamenti pubblici, perché se l'opera fosse scarsamente utile o peggio dannosa, di certo non sarebbe l'eventuale disponibilità di finanziamenti a farle cam-biare natura; ed esaminiamo qui di seguito separatamente entrambi gli argomenti addotti per giusti-ficare la pubblica utilità del progetto.
a) La razionalizzazione del porto. Già il Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT), nel-la sezione dedicata al Trasporto Marittimo (2005), nel trattare del porto di Vasto aveva ravvisato l'opportunità di una "razionalizzazione delle aree e funzioni del porto" . Pochi sanno però che, a differenza da Giangiacomo e Lapenna (i quali peraltro non hanno dato mostra di averlo rilevato) l'amministrazione regionale non ha ritenuto che la suddetta razionalizzazione dovesse comportare un ampliamento né tantomeno il raddoppio dell'attuale impianto. Anzi, lo ha escluso espressamen-te: "Rilevato che le attuali banchine risultano sottoutilizzate per il traffico commerciale, appare re-alisticamente più praticabile uno sviluppo portuale teso alla valorizzazione e recupero delle poten-zialità ancora inespresse a patto che vengano superate le criticità oggi esistenti [.]Sarebbe oppor-tuno quindi intervenire per l'allargamento della banchina di riva, la sistemazione della viabilità in-terna all'area portuale, la razionalizzazione delle aree e funzioni del porto, nonché dotare l'infra-struttura di un efficiente collegamento delle banchine portuali con il sistema infrastrutturale ed in particolare con l'Autoporto di San Salvo" . A questo proposito per il porto di Vasto, com'è noto, sono stati già stanziati fondi per 8milioni 474mila euro nell'ambito dell'Accordo di programma quadro n. 14 per interventi di completamento dei porti.
b) La promozione turistica. Appare davvero tutto da dimostrare il beneficio che verrebbe alla città dalla costruzione dell'ennesimo porto turistico lungo una costa che -l'abbiamo visto- ne ha già tanti . Al contrario appare certo il danno per l'ulteriore carico antropico (strutture di servizio, stra-de etc.) derivante per un litorale -quello vastese- il cui pregio principale resta tutt'ora la relativa-mente scarsa antropizzazione. C'è infine da considerare la distanza del sito sia dal centro abitato che dalla Marina; il che sembrerebbe indurre ad escludere una significativa ricaduta.
L'obiezione principale però è ancora un'altra: porto turistico e porto commerciale, per la loro conti-guità, e in queste dimensioni, rischiano di ostacolarsi reciprocamente. Ricordiamo (ce ne siamo oc-cupati in un comunicato dello scorso Ottobre) che nel porto di Vasto si movimentano, tra le altre, rilevanti quantità di sostanze chimiche destinate alla trasformazione industriale; e che alcune di esse sono definite, a norma di legge, "pericolose".
8. Alcune ragioni di incompatibilità
Non solo. Vi sono alcune circostanze che nessuno, sino ad ora, ha fatto rilevare. Circostanze anche di una certa gravità. Si consideri che nella vicina zona industriale, a poche centinaia di metri, sono attivi -tra gli altri- due stabilimenti suscettibili di un notevole impatto ambientale (dei quali ci sia-mo occupati in un nostro comunicato dello scorso 24 Settembre, cui rimandiamo); ed entrambi ap-partenenti a tipologie per le quali la legge impone dei vincoli alle politiche di urbanizzazione.
L'uno, lo stabilimento della "Industrie chimiche Puccioni" S.p.A. (fertilizzanti agricoli; uno dei maggiori in Italia nel suo genere) è classificato come industria insalubre di I classe ; queste indu-strie, a norma dell'art. 216 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie , "debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni".
L'altro, lo stabilimento e deposito di oli minerali della Fox Petroli S.p.A. (biodiesel; il maggiore in Italia) è classificato come uno stabilimento ad alto rischio di incidente rilevante ; e qui la que-stione è ancora più grave. L'art. 8 del D. Lgs 21 Settembre 2005, n. 238 (che recepisce la cosiddetta Direttiva Seveso III) prescrive che nelle zone interessate da questo tipo di stabilimenti "gli enti territoriali tengono conto, nell'elaborazione degli strumenti di pianificazione dell'assetto del terri-torio, della necessità di prevedere e mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti e le zone re-sidenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico, le vie di trasporto principali, le aree ricrea-tive e le aree di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista natura-le". Non sembra che la questione sia stata sin'ora considerata. Così come non sembra (anche di questo si è occupato il nostro comunicato dello scorso Ottobre) che il Comune di Vasto abbia anco-ra preso sul serio la presenza sul suo territorio -e in quella posizione!- di un impianto di questo ge-nere.
9. "Senza impatto ambientale"
Ma c'è dell'altro. Lapenna e Giangiacomo, nel presentare il loro progetto, non hanno mancato di considerare la questione dell'impatto sulla morfologia costiera che esso potrebbe avere. Non sap-piamo, perché i giornali non le riportano, quali siano state le loro argomentazioni. Di certo però ap-paiono discutibili le conclusioni che essi ne hanno ricavato.
L'impatto del nuovo porto turistico, una struttura -secondo Luciano Lapenna- "dalle caratteristiche ideali" , sarebbe -hanno affermato Lapenna e Giangiacomo secondo i resoconti pubblicati dalla stampa- "basso" , "minimo" , o persino nullo . Dopo le affermazioni -del CNR e della Com-missione Europea- che abbiamo letto (al punto 3.) sulle conseguenze delle infrastrutture portuali sulla morfologia costiera, la cosa potrebbe apparire sorprendente.
Ancora di più lo sarà se si pone mente ad alcune specifiche considerazioni che riguardano il porto di Vasto in particolare.
9.1 L'erosione costiera lungo il litorale vastese. E' noto che sulla costa abruzzese -come più in generale in Adriatico- la direzione di gran lunga principale delle correnti litoranee (parallele alla li-nea di costa) è da Nord-Ovest verso Sud-Est. Le correnti presentano insomma un andamento antio-rario. Sono note altresì le conseguenza sulla morfologia della fascia costiera che possono essere in-dotte da un rapido mutamento nel regime delle correnti litoranee quale è quello prodotto dalla co-struzione di un molo: "lunghi sbarramenti perpendicolari o subperpendicolari alla battigia posso-no modificare i lineamenti costieri, provocando sensibili avanzamenti delle spiagge sopraflutto (cioè quelle che precedono lo sbarramento rispetto alle prevalenti correnti logitudinali) [nel nostro caso a Nord, NdR], ma evidenti arretramenti delle spiagge sottoflutto (quelle che seguono lo sbar-ramento) [nel nostro caso a Sud]" . E' quello che per l'appunto a Vasto è accaduto.
Il porto di Vasto fu inaugurato nel 1959. La spiaggetta di Punta Penna (a Nord del porto), come probabilmente ricordano per esperienza diretta i vastesi di una certa età, si formò negli anni sessanta proprio a seguito della costruzione della diga foranea. Meno noto, meno veloce, ma altrettanto ine-sorabile -e molto probabilmente correlato al primo- è il fenomeno erosivo che, a partire dalla metà degli anni settanta -secondo uno studio del Dipartimento di Geografia dell'Università di Padova - prese ad interessare la costa a Sud del porto. Si trattava però ancora -secondo le parole dello stesso studio- di un "leggero arretramento".
In seguito, negli anni dal 1989 al 1992, fu realizzato un prolungamento della diga foranea per 270 metri in direzione Nord-Est. Il progetto, esaminato ed approvato dalla III Sezione del Consiglio Su-periore dei Lavori Pubblici, "non presentava" -secondo quanto si legge nel PTAP - "problemi di impatto con la morfologia della costa". Anche qui le parole della Commissione Europea sulla sot-tovalutazione delle conseguenze derivanti dalle infrastrutture portuali paiono pertinenti . Perché sta di fatto che nel corso degli anni novanta il quadro dell'erosione costiera nel tratto di costa da Punta Penna a Vasto Marina muta progressivamente in peggio. Tant'è che tra le opere di difesa della costa ritenute dalla Regione Abruzzo "particolarmente urgenti" , e pertanto attualmente già in esecu-zione (ne abbiamo parlato al punto 2.), figura un intervento che interessa, per la prima volta, il terri-torio di Vasto. L'intervento, finanziato con fondi CIPE per un primo importo di 800mila euro (ma la spesa complessiva ammonterà ad euro 1milione 800mila), prevede la posa di opere rigide a scoglie-ra (debolmente sommerse) e il ripascimento nel "tratto di costa prospiciente il villaggio Ciancagli-ni [tra 1 e 2 km a Sud di Punta Penna, tra Punta dell'Opera e Punta Vignola, NdR] per uno sviluppo longitudinale complessivo di circa 0,5 km" . La Relazione Generale appena citata (2004) descrive "un meccanismo di arretramento della falesia, con distacchi recenti di blocchi rocciosi e disgrega-zione delle formazioni meno cementate" . Non si tratta di un fenomeno unico. All'incirca nella stessa zona, in località Costa Turchina (circa 800 metri a Sud della foce del torrente Lebba), la Guardia Costiera rilevava l'anno dopo "un evidente fenomeno erosivo [.] pregiudizievole per la pubblica e privata incolumità" . "A Vasto" -si leggeva sul Centro lo scorso Febbraio- "il mare ha ingoiato la spiaggetta antistante il monumento alla Bagnante. All'inizio sembrava un normale fe-nomeno stagionale di alta marea. Col passare del tempo, però, appare evidente che il problema è tutt'altro che transitorio. Diversi metri di spiaggia sono stati rosicchiati anche fra località San Ni-cola e Casarza".
Un fenomeno erosivo non irrilevante è dunque già presente, e da un pezzo, sulla costa vastese a Sud del porto. Ma se il progetto di costruzione del porto turistico di Vasto dovesse realizzarsi, la situa-zione della costa a Sud potrebbe peggiorare, e anche di molto. Perché, come s'è detto, il nuovo mo-lo si estenderebbe per oltre 400 metri a Nord-Est (e la diga foranea lungo un arco di 470), in mare aperto; e un così drastico cambiamento della linea di costa attorno al promontorio non potrebbe non avere conseguenze importanti per la costa sottoflutto, per molti chilometri. (A cominciare dal sito SIC IT7140108 Punta Aderci-Punta della Penna , classificato quale habitat naturale prioritario, la cui appendice meridionale sta a poche centinaia di metri a Sud del porto.)
Occorrerebbe certo uno studio scientifico per stimare il danno . Ma un danno, per la costa tra il porto di Vasto e Vasto Marina, certanente vi sarà. E promette di essere grave.
10. Conclusioni.
L'abbiamo presa, come si dice, un po' alla lontana. Ci proponevamo di illustrare il progetto di rea-lizzazione del porto turistico di Vasto -vale a dire il raddoppio del porto esistente- non separata-mente dal contesto spaziale e temporale nel quale esso si trova. E questo richiedeva un lungo giro. Abbiamo provato a farlo. E ci siamo imbattuti in una serie di paradossi (una sintesi dei quali si può leggere nell'Allegato 2).
Noi non siamo un'associazione ambientalista e, per quanto sta a noi, per il niente che contiamo, non ci opporremo al progetto in quanto tale. Ma ci teniamo a che le cose siano chiare. Chiare come a Vasto (e non solo) non sono mai state: perché chiarezza significa fare delle scelte -se possibile- senza raccontare balle. Scelte che l'assurdo localismo della più parte della vecchia (e nuova) classe politica locale ha accuratamente evitato; e che hanno portato, da una parte -nell'assetto del territo-rio- ad accumulare una montagna di contraddizioni (di cui la zona di Punta Penna è un emblema); e, dall'altra -nelle parole dei nostri amministratori- ad accumulare simmetricamente, per l'appunto, una montagna di paradossi.
Può darsi che mostrare l'esistenza di questi paradossi sia un passo in avanti in direzione di un mag-gior rispetto della legalità, di una maggiore chiarezza, di una maggiore verità nella vita pubblica lo-cale; ma certamente è un passo necessario per avviare almeno un tentativo di risoluzione di alcune contraddizioni reali.
Il perseguimento dell'obiettivo del raddoppio del porto di Vasto e la contemporanea richiesta della costituzione sulla costa di un Parco Nazionale espongono oggi l'attuale amministrazione comunale vastese -e gli altri Comuni della costa- al rischio di ripetere su scala ancora più vasta gli stessi errori del passato".
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