Giovedì, 14 Novembre 2024 Abruzzo

Distacco dal Molise: la provincia di Isernia fa un passo verso l’Abruzzo

Incassate le 5mila firme necessarie, ora il Referendum è possibile

La soglia delle 5.000 firme necessarie per avviare tecnicamente la procedura di distacco della provincia di Isernia dal Molise e annetterla (o meglio: riunificarla) alla Regione Abruzzo è stata raggiunta. In queste ore il risultato è stato centrato, spiega Antonio Libero Bucci, promotore del Comitato per l’aggregazione della provincia di Isernia alla regione Abruzzo, attivo più o meno dallo scorso mese di marzo. Obiettivo? Unire la provincia meno popolata d’Italia, 80mila abitanti, alla regione Abruzzo, con cui condivide storia, tradizioni, economia e perfino la stessa lingua, nel senso degli stessi dialetti.

Insomma, l’Abruzzo e la provincia di Isernia parlano lo stesso idioma, e questo è uno dei punti che il Comitato considera importanti per fare un salto indietro nel tempo e tornare a prima del 1963, quando il Molise e l’Abruzzo erano una sola terra. Le firme saranno consegnate alla Provincia di Isernia, che a sua volta le invierà alla Corte di Cassazione per il controllo di legittimità.

Il numero previsto dallo Statuto delle 5mila firme è stato raggiunto, dice ancora Antonio Libero Bucci, “ma preferiamo continuare la petizione per qualche altra settimana in modo da raccogliere qualche centinaio di firme in più, qualora ci dovesse essere annullamenti di qualche firma”.

Il Comitato vuole essere sicuro al 100% di poter procedere, vedendo nell’aggregazione un’opportunità per fronteggiare la sistematica mannaia dei tagli ai servizi pubblici e gli aumenti delle tasse, dovuti anche alle limitate risorse fiscali del Molise. La Costituzione italiana lo prevede e loro hanno seguito quello che è l’iter.

Tre postazioni fisse attive in quattro mesi a Venafro, Isernia e Agnone, i centri più grandi della provincia pentra. “Abbiamo ottimizzato le nostre risorse negli altri comuni e siamo andati anche per conoscenza diretta,” spiega il Comitato. “Ci hanno aiutato amici e sostenitori di questa iniziativa a raccogliere le firme. Non siamo certo riusciti a penetrare tutti i 52 comuni, ma il risultato è stato comunque positivo”.

5.000 firme che seguono le 200 raccolte in pochissime ore quando, lo scorso marzo, il Comitato era nato con un banchetto proprio nella cittadina di Isernia per portare la proposta all’attenzione della popolazione. Tra i grandi sostenitori del referendum c’è Lorenzo Coia, ex presidente della provincia.

Antonio Libero Bucci, ma lei è sicuro che questo referendum possa farsi?

“Bisogna farlo necessariamente se si vogliono rispettare le leggi, considerando che è la massima espressione della volontà popolare. Lo Statuto prevede che siano raccolte 5.000 firme e noi 5.000 firme le abbiamo raccolte. Non posso e non voglio pensare che ostacoleranno questo processo”.

Voi ponete un tema di riordino delle Regioni, che parte dal caso del piccolo Molise e dell’ancora più piccola provincia di Isernia.

“Sì, parte dal Molise, che è maglia nera su tutto ed è un’eccezione clamorosa rispetto a quello che doveva essere il normale processo storico. L’Abruzzo e il Molise sono due terre simili, che hanno la stessa cultura, la stessa economia”

Dunque, secondo lei, la divisione che c’è stata nel 1963 è stata una divisione pretestuosa?

“Assolutamente pretestuosa, una divisione fittizia. D’altra parte, la conferma arriva da tutto quello che sta succedendo oggi, a cominciare dalla Corte dei Conti, che boccia i bilanci del Molise e parla di anemia legislativa. Non si fanno leggi, non si apre allo sviluppo, si annaspa semplicemente”.

E così voi non volete più stare. C’è una possibilità e la state sfruttando. Ci sono stati dei contatti, o comunque dei confronti, con i consiglieri regionali?

“Non abbiamo ricevuto alcun tipo di attenzione dai futuri perdenti posto; probabilmente con loro non ci sarebbero dei confronti, ma delle sparatorie, politicamente parlando”.

Il Comitato è certo che i consiglieri regionali – e non solo loro – siano intrinsecamente convinti che il loro guadagno di 13mila euro al mese sia giusto e giustificato. Ma se in Molise un dialogo non c’è, c’è un dialogo con l’Abruzzo.

E in Abruzzo, invece, avete incontrato qualche interlocutore?

“In Abruzzo sono molto più propensi al dialogo, sia perché la classe politica ha una qualità superiore, sia perché sanno benissimo che unire le forze è meglio. E sarebbero favorevoli alla riunificazione della provincia e probabilmente sarebbero favorevoli anche alla riunificazione della Regione Molise nella sua interezza. Questo sarebbe un ragionamento da fare, ma accorpare due regioni diventa tecnicamente impossibile, soprattutto per l’ostacolo rappresentato dal parere favorevole dei due consigli regionali, quindi sia quello del Molise che quello dell’Abruzzo. E infine, problema non trascurabile, ci vuole una legge costituzionale e non ordinaria. Invece la riunificazione della provincia è possibile con la riforma del titolo V della Costituzione, perché gli enti locali di confine possono transitare con legge ordinaria in forza di un referendum. Il 10% dell’elettorato attivo ha già detto di essere d’accordo con la vostra proposta”.

Dalle Istituzioni, invece, che cosa avete captato?

“Solo monologhi contro di noi. Dal massimo vertice della regione agli assessori e ai consiglieri, l’agitazione è evidente. Noi poniamo una questione con le armi della democrazia e, dal nostro punto di vista, non ci piove che debba essere indetto un referendum, una volta accertata la legittimità delle firme raccolte, a meno che, chiaramente, non ci sia un colpo di mano. Consideri che non è facile convincere i molisani a sbilanciarsi e a cacciare fuori i documenti, come invece è accaduto in questo caso. È evidente che l’umore popolare è sensibile al tema”.

Il tema è quello del regionalismo e delle macro-regioni: come la vedete a livello generale?

“La cosa migliore è quello scenario che apre a nove macro-aree, considerando questo quadro in Italia: Nord Est (Veneto, Friuli e Trentino), Lombardia, Nord Ovest (Piemonte, Ligiuria e Valle d’Aosta), Emilia-Romagna, la Toscana con l’Umbria e le Marche, il Lazio con l’Abruzzo e il Molise, la Campania, la Basilicata, la Puglia e la Calabria insieme, la Sicilia e, infine, la Sardegna. I vantaggi sono tanti e la riduzione delle spese e della burocrazia è il minimo. Il grande vantaggio sarebbe riuscire a programmare il territorio in maniera efficiente, perché così noi non possiamo fare nemmeno le strade, nemmeno progettare il risanamento di un ponte”.

Il Comitato si scioglierà non appena consegnate le firme, per poi rinascere come Comitato per la battaglia Referendaria. Una battaglia che Antonio Libero Bucci anticipa che si farà con le loro sole forze, come è stato fatto finora. “Abbiamo speso 300 euro e stampato una sessantina di manifesti, eppure il risultato c’è stato. Ci sono molte persone pronte a sostenerci con qualche donazione”.

I contatti con il Comitato di Montenero di Bisaccia, che pure vuole tentare una strada simile, si sono intensificati in questo periodo, dopo soprattutto la questione della ipotetica annessione all’Abruzzo del Molise trattata in un Data Room di vari mesi fa da Milena Gabanelli e Francesco Tortora, in un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera, dal titolo emblematico «Il Molise torna in Abruzzo? L’autonomia è fallita».

“La dimostrazione,” conclude Bucci, “è anche il grandissimo interesse che abbiamo riscontrato sulla costa molisana, non solo a Montenero di Bisaccia e nei comuni vicini, ma anche nella città di Termoli, che è particolarmente penalizzata, perché sarebbe un’area geografica molto più forte se fosse un tutt’uno con l’area costiera di San Salvo e Vasto. Il fatto che sia divisa in due ne diminuisce le potenzialità. Annettersi per non frammentarsi ulteriormente e non rischiare un isolamento progressivo e inarrestabile, questo è l’obiettivo”.

pubblicato su www.primonumero.it