Sabato, 28 Ottobre 2006 Notizie

Sedici milioni di euro: caccia al tesoro di Masciarelli

Una rete di società per intascare i denari della legge Domenici

di MAURIZIO CIRILLO Finisce in manette il comitato d'affari che aveva fatto della Fira, la finanziaria regionale, una vera e propria macchina da soldi, lo strumento per intascare indebitamente i finanziamenti della Regione Abruzzo e della Comunità Europea. In carcere sono finiti in tre e fra questi c'è Giancarlo Masciarelli, l'ex presidente della Fira, il banchiere della politica. Il fulcro, secondo la procura, di questa associazione per delinquere, l'uomo che era a capo del "consorzio criminale" come lo ha definito senza mezzi termini la magistratura pescarese che ieri mattina ha messo in esecuzione undici ordinanze di custodia cautelare, tre in carcere e otto agli arresti domiciliari. In totale sono 45 gli indagati fra cui figura anche il genero delle'ex presidente della giunta regionale Giovanni Pace. Le accuse parlano di associazione per delinquere finalizzata ad una lunga serie di truffe ai danni dello Stato e della Comunità Europea, falsi, corruzione, malversazione, in relazione ai finanziamenti dei Docup 2002-2006 ed alla legge regionale 16 del 2002, la legge Domenici". Un giro d'affari che le fiamme gialle hanno quantificato, al momento, in sedici milioni di euro, due dei quali sono stati rintracciati in conti esteri tra Svizzera, Gran Bretagna e Repubblica di San Marino, appartenenti ad uno dei principali attori di questa intricata vicenda giudiziaria, Marco Picciotti a capo di un gruppo di aziende fantasma che ricevette consistenti finanziamenti dalla Fira gestione Masciarelli. L'inchiesta, peraltro, prende il nome di "Operazione Bomba" proprio perchè Picciotti avrebbe costituito a Bomba cinque unità operative tutte fittizie e tutte nel medesimo indirizzo, dove non esistevano strutture di nessun genere. Il quadro che emerge dall'inchiesta è a dir poco allarmante e preoccupante, soprattutto in un momento in cui la Regione cerca disperatamente di far quadrare i conti, anche imponendo grossi sacrifici ai cittadini. E invece, se il castello accusatorio verrà confermato, c'era qualcuno, come appunto Masciarelli, che riusciva ad indirizzare milioni di euro a decine di società, alcune addirittura intestate a lui stesso o "schermate" dalla mera formale intestazione a familiari o intestate a soci d'affari. E così la Fira «da strumento pubblico di attuazione della programmazione economica regionale - scrivono gli inquirenti - è stata impiegata per la realizzazione di interessi particolari che rispondevano piuttosto a logiche clientelari che non alle finalità pubbliche sottese allo sviluppo e al riequilibrio socio-economico e territoriale della Regione». Masciarelli sarebbe andato anche oltre presentando alla Fira richieste di finanziamento per delle società di cui lui stesso era amministratore, facendo effettuare l'istruttoria alla Tecnos, società esterna alla Regione di cui lui stesso faceva parte, che curava tutte le pratiche di finanziamento, il "braccio operativo" del gruppo, amministrata dal suo uomo di fiducia, Paolo De Michele (anche lui arrestato), e poi lui stesso si erogava il finanziamento. A carico di Masciarelli anche episodi di corruzione in quanto da Piccioti avrebbe ricevuto due auto di grossa cilindrata (BMW 530 e 730) e una imbarcazione Fiat Mare 29 Genius chiamata "Lupo". La procura e la finanza hanno ricostruito come Masciarelli & C. operavano per distribuire i finanziamenti illeciti. Attestavano l'avvenuta realizzazione di progetti in realtà inesistenti; fornivano false dichiarazioni in merito all'esistenza di sedi operative localizzate nell'area regionale "Obiettivo 2"; predisponevano e presentavano a rendiconto della spesa asseritamente sostenuta fatture false o gonfiate negli importi; utilizzavano le medesime fatture in differenti richieste di contribuzione duplicandone il rimborso. Tutto questo con la complicità di alcuni funzionari regionali e alcuni membri delle commissioni di valutazione dei progetti. E inoltre con l'appoggio dell'attuale vicepresidente Fira, Vincenzo Trozzi, e della direttrice, Carolina D'Antuono, moglie di Vittorio Cirone, consigliere di amministrazione della Tecnos, tutti e tre da ieri ai domiciliari. E' la prima di tre distinte inchieste, comunque fra loro collegate, che arriva alla fase calda, a quella prima resa dei conti che apre le porte del carcere. Tre filoni d'inchiesta che coinvolgono la Fira spa, la Fira Servizi, che gestisce il patrimonio della sanità abruzzese, e il fallimento del pastificio Delverde. Tre inchieste seguite con estrema professionalità dalla Guardia di finanza che sta ancora lavorando su tutti e tre i fronti insieme al sostituto procuratore Filippo Guerra di Pescara e al Pm Anna Rita Mantini di Vasto.